L'autoreferenzialità dei siti web moderni

Ovvero l'estinzione dello scambio di link causata da Google
Ovvero la morte del link building ed il trionfo del nofollow

In principio la rete era terra di conquista per appassionati di ogni tipo che con abilità certosina assemblavano il codice HTML che avrebbe prodotto quelle pagine Web pronte a diffondere nel mondo le loro passioni, le loro idee, i loro sogni.

In quel tempo c'era dunque un florilegio di siti personali ognuno con una bella paginetta di link consigliati. Vigeva uno spirito di fratellanza ed era in uso la cordiale pratica di scambiarsi i link dei propri siti personali: io linko te, tu linki me...

Forte di questo spirito di condivisione nascevano siti che non erano altro che directory, collezioni di siti catalogati per genere, importanti punti di partenza per la navigazione e ricerca sul Web. C'erano i webring, collegamenti circolari tra siti, che permettevano di visitare il sito precedente o successivo del sito corrente, sicuri di visitare un altro sito dedicato al medesimo argomento.

E venne il giorno in cui apparve Google. Stupendo nel suo minimalismo, rese istantaneamente ancor più fastidiose le interfacce dei motori di ricerca concorrenti dell'epoca come Altavista ed altri portali scoppiettanti di popup di ogni tipo. Dopo il primo utilizzo non si poteva fare a meno di constatare quanto i risultati forniti fossero pertinenti alle chiavi di ricerca impostate, tanto che ci volle meno di un secondo per abbandonare definitivamente tutto il resto ed impostare Google come pagina iniziale di ogni mia navigazione nella rete.

Ma come faceva Google a fornire risultati tanto pertinenti? Come faceva a decidere quale pagina web doveva apparire prima di un'altra?

Google usava e usa ancora, anche se con molti altri parametri, il PageRank, un algoritmo di analisi del rango ovvero dell'importanza di una pagina web rispetto ad altre. Semplificando, più una pagina è linkata e più sono a loro volta linkati e pertinenti i siti che la referenziano, e più la pagina scalerà le posizioni nei risultati di Google (SERP).

Man mano Google acquisiva popolarità e sbaragliava i concorrenti, divenne chiaro che tutte quelle paginette di link consigliati e tutte quelle directory erano oro colato per il posizionamento di un sito e qualcuno cominciò ad abusarne. Artisti del SEO, soprattutto quelli col cappello nero per intenderci (Black hat), capirono come tramite opportuni schemi di link era possibile pilotare i risultati delle ricerche portando a fenomeni come il Googlebombing e lo Spamdexing.

Questi ed altri fenomeni fraudolenti per un motore di ricerca, portarono Google a dover correre ai ripari per mantenere la qualità dei propri risultati o SERP. Fu così che per rompere gli schemi di link creati ad arte per scalare il posizionamento nelle SERP, Google progressivamente modificò i suoi algoritmi per identificare questi schemi e penalizzare così i siti collegati.

Molti siti finirono nel baratro e così nella mente dei proprietari dei siti web emersero nuovi inquietanti interrogativi.

Linko o non linko questo sito? Come influirà sul mio page ranking? Google potrebbe sospettare che venda link? E se effettivamente devo ospitare banner a pagamento come posso fare?

Nel frattempo Internet da terra di hobbisti era diventata un mercato globalizzato, tanto che, ad essere spietati, si può dire che i siti attuali si dividono sostanzialmente in due categorie: i contenitori di pubblicità e i venditori di prodotti o servizi. Visto che ormai è una gara mondiale per essere primi per qualche chiave di ricerca, perchè mai dovrei linkare un altro sito per favorirlo a mio svantaggio?

Tutti questi interrogativi decretarono l'estinzione dello scambio di link, dei webring e la perdita di popolarità delle directory visto che ormai il punto di partenza di ogni navigazione è Google e più si va avanti e più le ricerche saranno solo una risposta a qualche domanda impartita ad un assistente vocale di uno smartphone.

Il sito personale con la pagina di link consigliati divenne fuori moda anche perchè, con l'avvento di Facebook e simili, quel poco di voglia di produrre contenuti per il web, fu fagocitata appunto dai social network.

E la pratica SEO del link building? Ormai è una chimera, visto che anche commentare astutamente articoli citando per caso il link da pubblicizzare, può aver senso per accrescere le visite al proprio sito, certamente non ne migliora il posizionamento, visto che in tutta questa sfida fra SEO e motori di ricerca, Google ha calato l'asso: il nofollow.

Aggiungendo il nofollow ad un link diciamo a Google di non seguire il link e quindi non considerarlo nel calcolare il posizionamento della pagina che lo ospita. In pratica gli inquietanti interrogativi sopra menzionati trovano ora una risposta. Se devo linkare un sito per qualche motivo discutibile, se devo inserire link a pagamento per pubblicizzare un'azienda, in tutti questi casi aggiungo ai link il nofollow. Lo stesso dicasi per tutte quelle pagine web che prevedono l'inserimento di commenti: tutti i link inseriti dai commentatori vengono corredati del nofollow.

In questo mondo dominato ormai dall'autoreferenzialita dei siti web è possibile essere primi nei motori di ricerca? Ebbene sì, anche senza link al nostro sito, è possibile che qualche pagina finisca in testa ai risultati di Google, visto che ormai il PageRank non è più il solo elemento a decretare il successo di una pagina web, conta molto la struttura della pagina ed il testo in essa contenuto. Come funzionino esattamente questi algoritmi poi non è dato sapere, essendo segreto industriale dell'azienda che li usa.

Argomenti: SEO